Le tecniche chirurgiche più comunemente usate in caso di mastoplastica riduttiva prevedono come esiti una cicatrice al contorno della areola (cicatrice periareolare), una seconda dall’areola al solco sottomammario (cicatrice verticale) ed una terza posizionata nel solco sottomammario (cicatrice orizzontale).
Queste rappresentano la cd. cicatrice a T invertita.
Attraverso queste incisioni si rimuove la quantità necessaria di pelle e di tessuto ghiandolare.
Queste incisioni sono proporzionali alla quantità di tessuto cutaneo e ghiandolare da asportare, maggiore è la quantità di tessuto da demolire, più lunghe saranno le cicatrici.
Nella tecnica a cicatrici ridotte, qualunque sia la quantità di tessuto da ridurre, l’intervento viene effettuato sempre attraverso due sole incisioni, la periareolare e verticale.
Questa tecnica si basa sul principio della retrazione cutanea.
La pelle ha la capacità di “crescere” e di “decrescere” riadattandosi ai nuovi volumi. Per capire questo concetto basterà osservare gli adattamenti della pelle dell’addome della donna in gravidanza.
Nella tecnica a cicatrici ridotte, la sutura verticale prevede che la pelle venga “raccolta” in pliche, per compensarne l’eccesiva lunghezza.
Questo aspetto di plissettatura della cicatrice verticale, a dire il vero non proprio esteticamente bello in una prima fase, viene gradualmente perso nei tre mesi successivi all’intervento.
Questa circostanza rende questa tecnica utilizzata solo da quei chirurghi che hanno avuta la fortuna o l’audacia di provarla,acquisirne esperienza ed apprezzarne gli enormi vantaggi.
La tecnica a cicatrici ridotte evita la T invertita che prevede dei lembi cutanei poco vascolarizzati la cui cicatrizzazione è spesso lenta ed a volte sede di necrosi, riduce in maniera considerevole i tempi chirurgici e quindi anestesiologici, riduce in maniera considerevole i tempi di cicatrizzazione e di recupero post-operatorio.
